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Cesena la storia

Cesena, l’antica “città dei tre papi”, è uno dei più importanti centri della Romagna. E’ co-capoluogo di una provincia che ha fatto del lavoro e della tradizione la propria immagine. Vanta una robusta economia agricola/industriale e si distingue come eccellente meta turistica a matrice culturale. La punta di diamante dei suoi percorsi intellettuali è senza dubbio la Malatestiana, la famosa biblioteca civica creata da Novello Malatesta nel 1452: un capolavoro tutt’ora integro negli arredi e nel patrimonio. Si tratta di un caso unico al mondo, una realtà inserita dall’Unesco negli elenchi della “Memoria del Mondo” .

La Biblioteca Malatestiana di Cesena.

Poco si conosce della città antica. Ma la sua centuriazione, realizzata a partire dal III secolo a.C., è di certo una delle testimonianze più integre e leggibili dell’espansione romana. Con la creazione della via Emilia Cesena sviluppò la cultura del commercio e della conoscenza.
La città fu spesso luogo di feroci battaglie. Fu invasa dai Goti, riconquistata dai Bizantini e farà parte dell’Esarcato. Poi i Longobardi e ancora l’Esarcato. I contrasti con lo Stato della Chiesa saranno aspri e ripetuti, fino ad arrivare ad atti di eroica resistenza contro le truppe inviate dal Papa per ridurre alla resa i ribelli romagnoli. Si insinuarono situazioni sociali ed economiche molto difficili che sfociarono ancora in feroci contrasti. La città fu distrutta nel 1377.

Papa Urbano VI concesse a Galeotto Malatesta una città in rovina. Ma fu proprio con la signoria malatestiana che Cesena conobbe il periodo più fecondo. Soprattutto grazie a Domenico Malatesti detto Novello Malatesta. Le sue iniziative si legarono ad opere di pace e mecenatismo. Tra queste, appunto, la realizzazione della celebrata biblioteca pubblica. Nel XVIII e nel XIX secolo due cesenati furono eletti Papa. Ma già nel Seicento un vescovo di Cesena, di origine pugliese, era salito al soglio di Pietro. Napoleone entrò in città e fece innalzare l’albero della Libertà nel 1797. Poi, nel periodo risorgimentale, la città romagnola fu intensamente partecipe con uomini e idee.

Lo Zuccherificio di Cesena avviò l’attività nel 1899.

Con l’avvio del Novecento, grazie a scelte politiche adeguate, la città conobbe un miglioramento nelle condizioni sociali e culturali. E l’agricoltura, base dell’economia del territorio, trovò nuovi livelli produttivi. E’ del 1899 l’apertura dello Zuccherificio. Superata la guerra si registrò uno sviluppo urbanistico che comprese, per la prima volta, alcune aree al di fuori delle mura civiche. Tra il 1920 e il ’22 venne costruito l’ippodromo della Società Ippica Cesenate e nel 1921 la ditta “Luigi Manuzzi e figlio” diventò la prima ditta cesenate esportatrice di ortofrutta.

L’avvento del fascismo fece irrigidire il confronto intellettuale, ma diede impulso all’attività agricola. Su “Il Popolo di Romagna” dell’ottobre 1927 si legge che dalle indagini eseguite nel 1927 dalla Cattedra Ambulante di Agricoltura e dalle osservazioni condotte dalla Sezione Esportazione frutta del Consorzio Agrario, risulta che nel cesenate la frutticoltura specializzata a carattere industriale tende ad estendersi. Il giorno 22 ottobre di quello stesso anno si tenne una riunione di Tecnici e di Pratici di nota competenza dalla quale scaturirono le direttive sulla qualità di frutta da piantare nelle varie tipologie di terreni. Emerse inoltre che i mercati dell’Europa centrale, fino ad ora i migliori ed i più sicuri, voglion pesche a polpa bianca ed a pericarpo ben colorito di rosso. Cesena si adeguerà. Cesena capirà sempre le richieste del mercato e troverà nel percorso agricolo/industriale la strada vincente per il futuro. Per la propria identità economica.

Lo stabilimento Arrigoni in un’ immagine d’epoca.

Il regime diede vita anche ad una nuova architettura. Nella città fascista sorsero infatti gli immobili istituzionali. Quelli a cui il fascismo dava il compito di propagandare e intimidire. La presenza dello Stato/partito si leggeva nella torre littoria della GIL e nella facciata del palazzo Dandini ridisegnato da linee moderne per essere trasformato nel palazzo degli Uffici Statali. Anche i privati realizzarono edifici importanti come il garage in stile Razionalista della Fiat e la fabbrica dell’Arrigoni, ubicata nelle immediate vicinanze della nuova stazione ferroviaria. L’Arrigoni sarà la fabbrica simbolo di Cesena: la città che diede i natali a Gastone Sozzi. Un vero impulso e un esempio che durerà a lungo. Al suo interno ci sarà lavoro, ma anche confronto e coraggiosa discussione. Numerose operaie e numerosi operai aderiranno alla Resistenza.

Il manifesto della “Settimana Cesenate”. Immagine tratta da “Il Popolo di Romagna”, 1939.

Nel 1925 venne inaugurato l’acquedotto e nel 1933 aprì i battenti la prima edizione della “Settimana Cesenate”, una fiera dedicata ai migliori prodotti di Cesena e dei territori limitrofi. Alla fine degli anni Trenta l’Arrigoni ebbe uno sviluppo trainante. Ma nel 1944 chiuse i cancelli e i prodotti agricoli rimasero nei campi: era iniziato l’attacco degli Alleati.
Nel 1945 uscì la rivista “Cesena Libera”, organo del Comitato di Liberazione Nazionale. E tutto ricominciò con la forza di sempre.

Cervia la storia

Il comune di Cervia (Zirvia, Ziria), nella provincia di Ravenna, è uno dei centri di maggior successo della riviera romagnola. I suoi abitanti sono circa 29.000, ma nel periodo estivo, grazie alla prestigiosa ricettività alberghiera e al grande numero di dimore estive, raggiunge picchi di decine di migliaia di presenze. Oltre a proporre un centro storico di grande interesse, il capoluogo cervese offre al visitatore testimonianze del Novecento di grande pregio.

Il famoso manifesto di Giuseppe Palanti del 1928.

La città nacque assieme alla produzione del sale in un sito diverso da quello attuale. Si sviluppò infatti in mezzo ai bacini che costituivano le saline lontano dalla costa. Si chiamava Ficocle: un nome che troviamo già in un documento salente al V secolo. L’impianto di raccolta dell’oro bianco cervese, le cui origini si fanno risalire al periodo etrusco, era circondato da insalubri paludi salmastre. Fu quindi la necessità di trovare un luogo più salubre, assieme a quella di possedere un agevole accesso al porto, a spingere la comunità salinara a chiedere al Papa (Cervia era nello Stato Pontificio) l’autorizzazione a costruire una nuova città nelle vicinanze del mare. Il Papa considerato che la diminuzione degli abitanti di Cervia avrebbe messo in pericolo la produzione del sale, dopo lunghe trattative economiche, accettò la grande scommessa per il futuro. La prima pietra della nuova Cervia, salinara e marinara, fu posata alla presenza del Vescovo il 24 gennaio 1698.

Una porzione delle Saline di Cervia oggi.

Il progetto di Ballardino Petri della nuova città fu una brillante rappresentazione della società del tempo. Il disegno urbanistico è ancora oggi leggibile passeggiando nel centro storico. Il progettista organizzò una pianta rettangolare chiusa, circondata dalle modeste e massicce case dei salinari e degli artigiani che fungevano da fortificazione. Le abitazioni non avevano accesso dal muro perimetrale esterno, ma sullo stesso presentavano finestre chiuse da grosse inferriate che consentivano l’ingresso dell’aria salubre dell’Adriatico ma non quello dei pericolosi predoni. La porta cittadina a favore del mare fu aperta circa un secolo dopo. Sulla piazza centrale trovarono posto i palazzi pubblici e quelli religiosi. Nella fascia intermedia furono costruiti gli edifici destinati ai cittadini nobili e facoltosi. Per l’innalzamento della nuova Cervia si utilizzarono i materiali “smontati” dal vecchio insediamento. I lavori, più volte interrotti per problemi economici, terminarono nel 1714.

La Guida Breve del Touring Club Italiano del 1947 indica Cervia come una frequentata stazione balneare. Fu grazie al sudore della fronte se città che affascinò Grazia Deledda guadagnò quell’importante appellativo. La città turistica era infatti in netto svantaggio rispetto alle altre stazioni balneari già conosciute.

Fu nel 1873 che il sindaco Muccioli tentò il primo vero approccio al turismo marittimo firmando un bando che oggi suscita tenerezza. Tra le righe leggiamo: Essa però dichiara di non poter fare concorrenza alle altre città per magnificenza dello stabilimento […] Quindi Cervia non invita tutti quei figli prediletti della fortuna  […] invita il povero impiegatuccio […] invita il piccolo commerciante che ogni anno stenta a trovare il pareggio tra il Dare e l’Avere, invita l’operajo che è riuscito a riunire un gruzzolo di L. 100, frutto dei continui lavori, per mandare ai Bagni la malaticcia moglie. Sarà la prima metà del Novecento a dare un’ossatura ricettiva conveniente alla città. A partire dal 1912, grazie a una convenzione stipulata tra l’Amministrazione comunale cervese e la società lombarda Milano Marittima, nacque un progetto di piano regolatore che trasformò una vasta area ai margini della pineta. Il progettista fu Giuseppe Palanti, artista di successo, ritrattista, cartellonista alla Scala e dal 1923 docente all’Accademia di Brera. Il suo disegno s’ispirò alla “Città giardino”. Le splendide villette, destinate in primo luogo al riposo dei milanesi facoltosi, furono immerse nella pineta.

L’albergo Mare e Pineta di Milano Marittima in un opuscolo pubblicitario della prima metà del Novecento.
La colonia Montecatini in una cartolina degli anni Trenta. In primo piano la straordinaria torre che caratterizzava il disegno architettonico.

Sorsero prestigiosi alberghi come il Grand Hotel a Cervia, il Mare Pineta a Milano Marittima e altri ancora sul territorio. Sono del Trentotto il lungomare e lo stabilimento Kursaal che vantava 2000 mq. di superficie. Il territorio cervese fu inoltre scelto per la realizzazione di alcune importanti colonie marine: centri climatici promossi dal regime per curare e per orientare ideologicamente i giovani italiani. Si tratta di edifici di notevole capienza e di grande impatto estetico architettonico legato nella maggior parte al Razionalismo. Molte di esse, in affascinante disuso, ancora oggi si affacciano sul mare. I loro muri hanno conosciuto gli orrori della guerra ospitando prima i nazisti e poi gli Alleati a servizio dell’aeroporto militare che fu realizzato con l’abbattimento di una considerevole porzione di pineta.

Il passaggio del fronte ha inoltre lasciato un’interessante e ammonitrice architettura della guerra. Bunker e Denti di Drago realizzati dai tedeschi per contrastare una eventuale avanzata degli Alleati dal litorale sono testimonianze che non si possono certo dimenticare. Recentemente l’Amministrazione comunale ha proceduto ad un attento recupero. Nella prima metà del Novecento nelle adiacenze delle saline fu anche creata la prima sede termale all’aperto.

“Gli ingegneri attraversano i denti del drago con le mine che hanno rimosso dal sito che diventerà un aeroporto. Molti morirono intraprendendo questo compito pericoloso ma importante”. Imperial War Museum.

Nel secondo dopoguerra la cultura del turismo di qualità prenderà il sopravvento. Lo sviluppo delle infrastrutture e delle attrezzature balneari marceranno di pari passo con la crescita civile e sociale della città. Oggi i pionieri promotori del turismo cervese sono un poetico ricordo che Cervia non potrà mai dimenticare. E’ anche grazie a loro se l’antica città dei salinari e dei pescatori è oggi uno dei centri balneari di maggior successo della riviera romagnola. Una città con il cuore immerso nel passato ma con la mente aperta alle grandi scommesse per il futuro. Da sempre.

La sede del Comune di Cervia.

Casa della Cultura

Nome attuale: Casa della Cultura
Nome originale: Casa del Balilla poi Casa della GIL

Città: Tresigallo (FE)
Indirizzo: via Del Lavoro n. 2

Anno di realizzazione: 1935 – 1936
Progettista: ing. Carlo Frighi su idea di Edmondo Rossoni
Committenza: pubblica
Stile architettonico: Razionalismo

Interno visitabile: si
Note: la Casa della Cultura è inserita in un percorso dedicato in questa guida
vincolo di Soprintendenza – rilevanza storico artistica

La “Casa della Cultura” già Casa della GIL di Tresigallo.

L’organizzazione della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) nacque nell’ottobre del 1937 dalla soppressione della ONB (Opera Nazionale Balilla) e di altri organismi pubblici e privati. Venne posta alle strette dipendenze del partito Fascista e da quella data le sue strutture divennero l’unica sede in cui svolgere discipline sportive organizzate. Le “Case della GIL” rappresentarono per il regime un luogo fondamentale per la genesi dell’italiano fascista. I giovani dai 6 ai 21 anni ricevevano una preparazione fisico/militare, una proposta assistenziale/ricreativa e un preponderante indottrinamento politico.

La “Casa della Gil” poi “Casa della Cultura” in un’immagine d’epoca.

La “Casa della GIL” di Tresigallo, nata con il nome di “Casa del Balilla” dell’ONB, rappresenta un bell’esempio di architettura Razionalista. Fu costruita dalla SERTIA, l’azienda di Edoardo Rossoni, parente di Edmondo Rossoni il potente fascista (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, 1932-35 e ministro dell’Agricoltura, 1935-39) promotore della nuova urbanizzazione della città. La SERTIA curò tutti gli espropri, costruì la maggior parte degli immobili della nuova Tresigallo e ristrutturò le case esistenti per poi rivenderle o cederle in affitto. Il progettista fu Carlo Frighi, l’ingegnere locale più importante. Per lui, compaesano amico di Edmondo Rossoni, il compito fu quello di dirigere la nascita della nuova città e di progettare su ispirazione del ministro la quasi totalità degli edifici pubblici.
L’immobile originario comprendeva una vasta palestra attrezzata, il magazzino degli attrezzi sportivi, gli spogliatoi, l’ufficio del custode e i bagni. Dal suo piazzale avevano inizio le marce del “sabato fascista” e le parate in camicia nera che si snodavano lungo il corso Roma.

La “Casa della Cultura” di Tresigallo prima dei restauri.

La “Casa della GIL” è sicuramente uno degli edifici più rappresentativi di Tresigallo. Fu realizzata in laterizio con capriate metalliche a sorreggere il tetto. La copertura a tetto piano è simulata, la parte alta della facciata nasconde infatti una copertura a falde sulla palestra. Le architravi sono in cemento armato. E’ presente una piccola torre littoria. Il terrazzo sul fronte, ancora oggi accessibile, si affaccia per una bellissima vista sul viale. Si suggerisce al visitatore di chiedere l’accesso.
Dopo decenni di abbandono, nel 2003 l’edificio è stato restaurato dal Comune. Sulla facciata principale ha preso posto la scritta “Casa della Cultura”. Gli ambienti sono stati adeguati alle moderne esigenze e oggi ospitano la biblioteca, la sorgente delle promozioni culturali di Tresigallo.

Itinerari

Edilizia UrbanaFabbriche

Itinerari

LavoroPercorso Urbano

Itinerari

ColonieBunker

Portami a Cesena

Portami a Cervia

Portami a Tresigallo

Sogni

Nome attuale: Sogni
Nome originale: Bagni

Città: Tresigallo (FE)
Indirizzo: via Del Lavoro n. 4

Anno di realizzazione: 1936
Progettista:
Committenza: pubblica
Stile architettonico: Razionalismo

Interno visitabile: si
Note: l’edificio Sogni è inserito in un percorso dedicato in questa guida
vincolo di Soprintendenza – rilevanza storico artistica

L’edificio SOGNI è uno degli immobili più iconici di Tresigallo. La semplice struttura Razionalista lo presenta libero da ornamenti superflui e da vane aspettative. La fama nazionale che oggi ha raggiunto il piccolo affascinante edificio la si deve sostanzialmente al nome e al colore azzurro delle pareti esterne. Fu una geniale intuizione che maturò nell’anno 2000 quando fu sottoposto ad un attento restauro filologico.

L’edificio “Bagni” fu poi denominato “Sogni”. Immagine collocabile nell’immediato dopoguerra.

In origine la scritta sul fronte stradale era BAGNI. Quella era infatti la sua destinazione di progetto. La struttura, costruita contemporaneamente alla “Casa della GIL”, ne fu l’elemento complementare. Il piazzale esterno era il luogo dei raduni dei Balilla e delle parate in camicia nera e la costruzione, con spogliatoi e bagni, divenne modernamente funzionale alle esigenze della città fascista.

L’edificio “Sogni” come si presentava prima del restauro.

Nel dopoguerra l’edificio diventò di proprietà privata e, come spesso accadde in quegli anni, i suoi prospetti vennero profondamente modificati. L’immobile fu però acquistato dall’Amministrazione comunale che, con un’idea volta al futuro, lo riportò indietro nel tempo fino a recuperare le linee originali. Fu in quel momento che nacque il nome SOGNI. Per descrivere la nuova destinazione d’uso degli spazi interni che furono dedicati a contenere moderne start-up. L’edificio azzurro è oggi sede di mostre ed eventi. La sua facciata è la più fotografata dai giovani.

“Sogni”, l’edificio di Tresigallo più fotografato dai giovani.

Alle spalle dell’edificio “Sogni” troviamo la “Torre dell’acquedotto” che svetta e contrasta per la sua colorazione. La rievocazione delle torri di Giorgio De Chirico nelle numerose versioni di “Piazza d’Italia” o nell’ “Enigma della partenza” è evidente.

La torre dell’Acquedotto di Tresigallo.
L’interno della Torre dell’Acquedotto di Tresigallo.

Scuola Elementare

Nome attuale: Scuola elementare C. Forlanini
Nome originale: Scuola elementare

Città: Tresigallo (FE)
Indirizzo: piazzale Carlo Forlanini n. 2

Anno di realizzazione: 1937 – 1939
Progettista: geom. Gino Prampolini su idea di Edmondo Rossoni
Committenza: pubblica
Stile architettonico: Razionalista

Interno visitabile: no
Note: la Scuola elementare è inserita in un percorso dedicato in questa guida
vincolo di Soprintendenza – rilevanza storico artistica.

La scuola elementare di Tresigallo in una immagine moderna.

Il progetto della scuola elementare firmato dal geometra Gino Prampolini (lo stesso che firmò il cimitero) fu in origine sovradimensionato. Dodici erano infatti le aule previste per una cittadina in costante e repentina crescita demografica ottenuta in virtù della realizzazione di nuove fabbriche e della crescente popolarità. Ma gli elaborati definitivi dimezzarono il numero delle classi. Ad essere sacrificata fu una delle due ali che si staccavano simmetricamente sul retro del corpo dell’edificio. Evidente è il vuoto sull’attuale via Dello Sport.

La “Scuola elementare” di Tresigallo in una immagine d’epoca.

Il corpo centrale, nato su un interessante disegno razionalista, ha conosciuto nel dopoguerra ingenti alterazioni. Non tanto nel movimento dei volumi, quanto negli accorgimenti stilistici che distinguevano l’opera originale. Sono state chiuse alcune finestre, eliminati gli archetti alle aperture del primo piano e i tre caratteristici finestroni centrali sono stati sostituiti e rimpiccioliti da anonime finestre. Le aule e i servizi sono tutt’ora distribuiti nei due piani fuori terra, mentre al piano seminterrato era presente il magazzino per la legna destinata al riscaldamento. La facciata segue la circolarità della rotatoria su cui si affacciano, con la stessa flessione, l’ingresso al “Campo Sportivo” e l’ex “Domus Tua”.

La “Scuola elementare” di Tresigallo. Facciata sull’attuale via Giuseppe Verdi. Immagine d’epoca.

La struttura portante è in calcestruzzo armato con tamponamenti in laterizio. Interessanti sono le lesene sulla facciata che sono un aggetto della muratura retrostante. Il loro compito era quello di sorreggere visivamente sei fasci littori, testimonianza della perenne presenza del partito/stato anche nella vita dei più giovani. Nella realizzazione dell’edificio furono utilizzati materiali moderni e innovativi come l’alluminio nelle coperture e il linoleum nelle scale. Per i corpi scala fu impiegato un sistema prefabbricato.

Casa della GIL

Nome attuale: Sede della Polizia Municipale
Nome originale: Casa del Balilla poi Casa della GIL

Città: Cesena
Frazione: ambito urbano
Indirizzo: via Natale Dell’Amore 19, 23

Anno di realizzazione:  1934-1935
Progettista: ing. Mario Tellerini
Committenza: Opera Nazionale Balilla (ONB), Comitato comunale di Cesena
Stile architettonico: Razionalista

Interno visitabile: no
Note: la torre littoria contiene la scala principale

L’ex “Casa del Balilla” di Cesena, oggi sede della Polizia Municipale. Prospetto Est.

L’organizzazione della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) nacque nell’ottobre del 1937 dalla soppressione della ONB (Opera Nazionale Balilla) e di altri organismi pubblici e privati. Venne posta alle strette dipendenze del partito Fascista e da quella data le sue strutture divennero l’unica sede in cui svolgere discipline sportive organizzate. Le “Case del Balilla”, e ancor più le “Case della GIL”, rappresentarono per il regime un luogo fondamentale per la genesi dell’italiano fascista. I giovani dai 6 ai 21 anni ricevevano una preparazione fisico/militare, una proposta assistenziale/ricreativa e un preponderante indottrinamento politico.

Progetto della “Casa del Balilla” di Cesena. Prospetti Ovest e Est.
Plastico della “Casa del Balilla” di Cesena. Immagine tratta da “Il Popolo di Romagna” del 4 dicembre 1934.

La “Casa del Balilla” (poi della GIL) fu costruita tra il 1934 e il 1935 dalla Società fra Operai e Muratori di Cesena da un progetto di Mario Tellerini, ingegnere capo del Comune. Le sue linee si ispirano al Razionalismo, stile architettonico di cui l’immobile è il pezzo più rappresentativo della città di Cesena.

L’ex Casa del Balilla poi Casa della GIL di Cesena, oggi sede della Polizia Municipale. Particolate del prospetto Ovest.

Dall’osservazione del progetto originale si ricavano alcuni particolari. Un alto basamento rivestito in travertino sottende un seminterrato che corre per tutto l’edificio. Attraverso un’ampia scala di nove gradini si accede ad un atrio di distribuzione che porta sulla destra alla grande palestra, alla sala scherma e pugilato e agli spogliatoi. La parte sinistra conduce invece ad un volume più basso che contiene la Biblioteca e gli uffici, dove trovano collocazione i “Corpi di Legione” (due stanze), un ufficio di segreteria, un ufficio di presidenza, l’abitazione del custode (due stanze + servizi). Il tetto piano funziona da lastrico solare ed è raggiungibile da due corpi scala. Il primo, più importante, è posto sul fronte principale a guisa di torre littoria e serve anche la galleria per il pubblico della palestra; l’altro di tono minore è posto sulla parte dei servizi e congiunge lo scantinato con il primo lastrico solare.
Oggi, dopo un consistente restauro, l’ex “Casa del Balilla” ospita la sede della Polizia Locale.